La
commedia mette in scena un
condominio di un quartiere popolare
di Napoli (tre camere, cucina e
bagno, al quinto piano, interno 84,
scala C, sino al Vasto alla Ferrovia
n. 186. Il più meschino e modesto
appartamento della lunga serie di
cui dispone l’immenso fabbricato
stile Novecento, costruito in altra
epoca a scopo speculativo. Da un
ampio vano praticato alla parete di
fondo, al centro, si scorgerà il
terrazzo, ricoperto e pavimentato
con rettangoli di vetro cemento per
dare luce alla camera che vediamo, e
al terrazzo sottostante), i cui
inquilini convengono con una certa
frequenza nell’abitazione del
protagonista, Libero Incoronato, con
i propri intrighi e maneggi, prima
ostentati e poi puntualmente negati
in nome di un comune senso del
decoro, di una dignità esibita come
un abito da cerimonia.
Libero
assiste attonito al modo in cui gli
altri – in particolare la coppia
Olga e Benedetto, ciascuno assorbito
da traffici adulterini – allestisce
le proprie bugie e si accomoda
dentro soluzioni di compromesso,
combinando affari e dichiarando
sentimenti; a lui si chiede di volta
in volta di essere spettatore,
testimone, complice e persino attore
di dissidi familiari
che trovano poi la loro
ricomposizione al di fuori del suo
intervento. Il personaggio si trova
quindi in una posizione difficile,
chiamato ad arbitrare i conflitti
per esserne poi espulso quando la
sua “conoscenza” dei fatti diventa
scomoda per i nuovi assetti che nel
frattempo si sono configurati.
È come se si trovasse ad essere
sempre sfalsato rispetto agli eventi
che lo sollecitano: questo genera
per un verso il movimento comico
della commedia, e per l’altro
produce un sentimento di sconforto
davanti a una microsocietà senza
passioni, nella quale tutto è
oggetto di traffico, anche, e
soprattutto, la famiglia. La guerra
recente qui non è più avvertita come
una tragedia che necessita di una
comprensione etica e rigeneratrice –
come in Napoli milionaria! che aveva
debuttato tre anni prima – ma è
stata in qualche modo digerita,
trasformandosi in un passato
prossimo a cui molti personaggi
indifferentemente attingono: per
maledirla imputandole miserie e
accidenti presenti, per cercarvi
complici ricordi o per assegnarle
drammi ridicoli e improbabili (il
supposto furto dell’orologio ad
acqua di Villa Borghese ad opera dei
tedeschi in fuga), che cancellano
invece quelli reali con i quali la
storia contemporanea aveva
cominciato appena a fare i conti.
L’unico personaggio capace di verità
e di dignità – ancora più del
protagonista, afflitto dalla
consapevolezza
amara di come va il mondo, ma anche
dalla sua costituzionale incapacità
di adeguarsi – è Graziella, una
giovane donna con un passato di
prostituzione che vorrebbe rifarsi
una vita con Libero. La sua storia è
lontana da quella della più celebre
Filumena, che l’aveva di poco
preceduta sulla scena, ma la
capacità di perdonare e di amare che
dimostra sembra suggerire che, per
trovare quei valori che camminano
con le gambe corte delle piccole
verità, bisogna saper andare al di
fuori delle forme borghesi e delle
loro bugie con le gambe lunghe. Il
finale, in questo senso, accende e
spegne le speranze: i bambini che
nascono, a prescindere che siano o
meno figli dei padri che li hanno
legittimati, producono reali e
sostanziali cambiamenti, facendo
maturare intorno a loro legami
familiari autentici e quindi nuove e
consapevoli responsabilità; allo
stesso tempo però, a questa
generazione che si affaccia alla
vita, Libero può impartire gli
insegnamenti amari che ha appreso a
sue spese, come quello che per
sopravvivere “bisogna attaccare
l’asino dove vuole il padrone”.
Quindi, annunciando il suo
matrimonio con Graziella, compie un
gesto di sostanziale libertà e, allo
stesso tempo, di provocazione,
dichiarandone le origini
aristocratiche davanti a quelle
persone che conoscono perfettamente
il passato della sua futura moglie,
come lui conosce il loro.
Anche
lui ha detto la sua bugia ed è
entrato nel tessuto delle forme e
dei teatrini sociali, tacitando con
un discorso disincantato tutti i
mugugni che lo accolgono; le
cerimonie delle legittimità –
matrimoni, battesimi, o quant’altro
– sembrano allora piuttosto trattati
di pace o di non belligeranza che
feste dei sentimenti: la nuova
società che ne sortisce avrà molti
conti in sospeso, ai quali il teatro
di Eduardo non mancherà di dare
appuntamenti, prossimi e futuri.
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