Elledieffe

La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo

LE BUGIE CON LE GAMBE LUNGHE

 
 
 
NOTA AL TESTO

LA COMMEDIA

a cura di Paola Quarenghi e Antonella Ottai

BREVE CRONISTORIA
 

La commedia mette in scena un condominio di un quartiere popolare di Napoli (tre camere, cucina e bagno, al quinto piano, interno 84, scala C, sino al Vasto alla Ferrovia n. 186. Il più meschino e modesto appartamento della lunga serie di cui dispone l’immenso fabbricato stile Novecento, costruito in altra epoca a scopo speculativo. Da un ampio vano praticato alla parete di fondo, al centro, si scorgerà il terrazzo, ricoperto e pavimentato con rettangoli di vetro cemento per dare luce alla camera che vediamo, e al terrazzo sottostante), i cui inquilini convengono con una certa frequenza nell’abitazione del protagonista, Libero Incoronato, con i propri intrighi e maneggi, prima ostentati e poi puntualmente negati in nome di un comune senso del decoro, di una dignità esibita come un abito da cerimonia.

Libero assiste attonito al modo in cui gli altri – in particolare la coppia Olga e Benedetto, ciascuno assorbito da traffici adulterini – allestisce le proprie bugie e si accomoda dentro soluzioni di compromesso, combinando affari e dichiarando sentimenti; a lui si chiede di volta in volta di essere spettatore, testimone, complice e persino attore di dissidi familiari che trovano poi la loro ricomposizione al di fuori del suo intervento. Il personaggio si trova quindi in una posizione difficile, chiamato ad arbitrare i conflitti per esserne poi espulso quando la sua “conoscenza” dei fatti diventa scomoda per i nuovi assetti che nel frattempo si sono configurati.
È come se si trovasse ad essere sempre sfalsato rispetto agli eventi che lo sollecitano: questo genera per un verso il movimento comico della commedia, e per l’altro produce un sentimento di sconforto davanti a una microsocietà senza passioni, nella quale tutto è oggetto di traffico, anche, e soprattutto, la famiglia. La guerra recente qui non è più avvertita come una tragedia che necessita di una comprensione etica e rigeneratrice – come in Napoli milionaria! che aveva debuttato tre anni prima – ma è stata in qualche modo digerita, trasformandosi in un passato prossimo a cui molti personaggi indifferentemente attingono: per maledirla imputandole miserie e accidenti presenti, per cercarvi complici ricordi o per assegnarle drammi ridicoli e improbabili (il supposto furto dell’orologio ad acqua di Villa Borghese ad opera dei tedeschi in fuga), che cancellano invece quelli reali con i quali la storia contemporanea aveva cominciato appena a fare i conti. L’unico personaggio capace di verità e di dignità – ancora più del protagonista, afflitto dalla consapevolezza amara di come va il mondo, ma anche dalla sua costituzionale incapacità di adeguarsi – è Graziella, una giovane donna con un passato di prostituzione che vorrebbe rifarsi una vita con Libero. La sua storia è lontana da quella della più celebre Filumena, che l’aveva di poco preceduta sulla scena, ma la capacità di perdonare e di amare che dimostra sembra suggerire che, per trovare quei valori che camminano con le gambe corte delle piccole verità, bisogna saper andare al di fuori delle forme borghesi e delle loro bugie con le gambe lunghe. Il finale, in questo senso, accende e spegne le speranze: i bambini che nascono, a prescindere che siano o meno figli dei padri che li hanno legittimati, producono reali e sostanziali cambiamenti, facendo maturare intorno a loro legami familiari autentici e quindi nuove e consapevoli responsabilità; allo stesso tempo però, a questa generazione che si affaccia alla vita, Libero può impartire gli insegnamenti amari che ha appreso a sue spese, come quello che per sopravvivere “bisogna attaccare l’asino dove vuole il padrone”.
Quindi, annunciando il suo matrimonio con Graziella, compie un gesto di sostanziale libertà e, allo stesso tempo, di provocazione, dichiarandone le origini aristocratiche davanti a quelle persone che conoscono perfettamente il passato della sua futura moglie, come lui conosce il loro.

Anche lui ha detto la sua bugia ed è entrato nel tessuto delle forme e dei teatrini sociali, tacitando con un discorso disincantato tutti i mugugni che lo accolgono; le cerimonie delle legittimità – matrimoni, battesimi, o quant’altro – sembrano allora piuttosto trattati di pace o di non belligeranza che feste dei sentimenti: la nuova società che ne sortisce avrà molti conti in sospeso, ai quali il teatro di Eduardo non mancherà di dare appuntamenti, prossimi e futuri.
 

di Eduardo De Filippo

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